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Fondamentale riconoscere l’assistente alla comunicazione e il tiflologo
Superando.it del 19-02-2019
Fondamentale riconoscere l’assistente alla comunicazione e il tiflologo
di Gianluca Rapisarda*
«Tra i “punti deboli” dell’inclusione scolastica – scrive Gianluca Rapisarda, guardando in particolare agli alunni e studenti con disabilità visiva – vi è il fatto che gli assistenti alla comunicazione e i tiflologi operano in condizioni di precarietà di ruolo, funzionale e di formazione, a causa del loro mancato riconoscimento giuridico all’interno del nostro Sistema Nazionale di Istruzione. Ma mentre per il riconoscimento dell’assistente alla comunicazione pare che il Ministero stia cercando ultimamente di dare una risposta, per l’inquadramento dei tiflologi la strada sembra ancora lunga».
Il nostro Paese può senz’altro vantare una delle legislazioni scolastiche più avanzate e inclusive del mondo, ma a quarantadue anni di distanza dall’approvazione della Legge 517/77 – vero e proprio architrave del sostegno in Italia – il processo di inclusione degli alunni con disabilità appare ancora incompleto e discontinuo, e malgrado il recente Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, attuativo della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), conserva dei coni d’ombra importanti.
Nel sistema attuale, dunque, notiamo i seguenti punti deboli: la carente e insufficiente formazione specifica di molti insegnanti specializzati; la diffusa impreparazione dei docenti curricolari, del personale ATA (Ausiliario Tecnico Amministrativo) e del contesto scolastico nei confronti degli allievi con disabilità. A ciò si aggiunga l’ormai consolidata e “perversa” delega al solo docente per il sostegno degli stessi alunni e studenti con disabilità.
In vista quindi dell’imminente riforma del sostegno preannunciata dall’attuale Esecutivo, occorrerebbe insistere sui seguenti focus:
1. Un’adeguata formazione dei futuri docenti per il sostegno sulla Didattica Inclusiva e sulla Pedagogia Speciale. Al riguardo, mi sento di sposare in toto il recente accorato appello lanciato dalla Consulta delle Società Pedagogiche Italiane, affinché queste discipline trovino spazio adeguato e dignitosa collocazione in àmbito universitario e vengano proposte, curate e insegnate da docenti competenti, al fine di formare insegnanti che possano essere efficacemente preparati e pronti ad accedere a concorsi “specifici” per i posti di sostegno.
2. Un’idonea e specifica azione formativa di massa di tutto il personale scolastico e non solo dei docenti specializzati sulle singole disabilità.
3. Una reale continuità didattica che passi però dalla previsione di un ruolo “separato” per gli insegnanti specializzati, da un piano serio e strutturale di assunzione dei docenti di sostegno, con un loro definitivo transito nell’organico di diritto e dal loro vincolo all’intero segmento formativo dell’alunno.
Con queste mie riflessioni, tuttavia, voglio ribadire la mia ferma convinzione che alla succitata prossima riforma del sostegno non basterà prevedere concorsi “specifici” per il ruolo magari “separato” di sostegno, un’adeguata formazione universitaria sulla Didattica Inclusiva e sulla Pedagogia Speciale dei docenti specializzati e curricolari e un’effettiva e “sacrosanta” continuità didattica per gli studenti con disabilità, se queste nostre non più rinviabili istanze avanzate al Governo non saranno accompagnate anche dall’ormai indifferibile passaggio dalla distorta logica della “delega” al solo docente per il sostegno a quella del “sostegno diffuso”. E a mio modesto avviso, ciò sarà possibile soltanto assicurando contesti veramente “flessibili”, dotati di ambienti, strumenti e materiali resi accessibili anche grazie alla presenza costante di figure educative di riferimento.
Proprio per tale motivo, una delle Associazioni storiche aderenti alla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), vale a dire l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), insieme ai suoi Enti collegati, riuniti nel NIS (Network per l’Inclusione Scolastica), ha ultimamente elaborato una proposta formativa basata su Master Universitari di Primo e Secondo Livello, per fornire un’efficace e appropriata preparazione rispettivamente agli assistenti alla comunicazione e ai pedagogisti esperti in Scienze Tiflologiche.
Tale proposta del NIS dell’UICI è scaturita dall’amara considerazione che attualmente gli assistenti alla comunicazione (previsti dall’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92) e i tiflologi operano in condizioni di precarietà di ruolo, funzionale e di formazione, a causa del loro mancato riconoscimento giuridico all’interno del nostro Sistema Nazionale di Istruzione. Ma mentre per il riconoscimento dell’assistente alla comunicazione, dopo ben ventisette anni di estenuante e spasmodica attesa, pare che il Ministero stia cercando ultimamente di dare risposta con la definizione di una bozza di nuovo profilo da portare prossimamente in Conferenza Stato-Regioni (come tra l’altro previsto dall’articolo 3 del Decreto 66/17), per l’inquadramento del tiflologo la strada sembra invece ancora lunga, a causa dell’assenza di una norma specifica che ne disciplini il ruolo e il percorso formativo.
Come se non bastasse, in seguito alla perdurante crisi dell’Istituto Augusto Romagnoli di Roma – unica scuola di metodo tiflologico del nostro Paese – paghiamo oggi pure lo scotto della mancanza di una vera e propria “generazione” di esperti in Tiflologia, cui occorre porre necessariamente rimedio.
La soluzione può e deve consistere solo nell’“istituzionalizzazione” della nuova figura professionale dell’esperto in Scienze Tiflologiche il quale – integrandosi con quella altrettanto preziosa dell’assistente alla comunicazione, e salvaguardando e sanando le conoscenze e competenze acquisite in questi anni dagli operatori degli Istituti dei Ciechi e dei Centri di Consulenza Tiflodidattica della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e della Biblioteca per i Ciechi Regina Margherita di Monza – possa essere maggiormente al passo con i tempi e possedere una formazione più adeguata e idonea a promuovere il processo di inclusione degli alunni/studenti con disabilità visiva.
In tal senso, c’è grande soddisfazione per quell’emendamento alla Legge di Bilancio per il 2018 [Legge 205/17, N.d.R.] che ha consentito a circa 200.000 educatori e pedagogisti di vedere finalmente riconosciuta la loro professione. A questo punto l’auspicio è che – in sede di Decreti Attuativi – si possano effettuare interventi correttivi al predetto provvedimento, affinché venga riconosciuto pure il profilo del pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche, operatore strategico ed essenziale, per una proficua inclusione degli alunni e studenti con disabilità visiva.
Volendo dunque contribuire all’interessante e costruttivo dibattito sui temi dell’inclusione, avviato in queste settimane sulle pagine di «Superando.it» dai contributi di Salvatore Nocera, Luciano Paschetta e Marco Condidorio [nella colonnina a destra del presente testo, vi è l’elenco dei contributi pubblicati in questo àmbito, N.d.R.], mi preme sottolineare che riconoscere il pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche non significherebbe certo voler eliminare i docenti per il sostegno o ridimensionare l’insostituibile ruolo “inclusivo” dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, quanto piuttosto riproporre e riaffermare definitivamente la necessità della specificità tiflologica nel processo di educazione e di istruzione delle persone con disabilità visiva. Ed è certamente questa la nuova e più esaltante sfida che si presenta innanzi alla scuola italiana, per garantire un’inclusione davvero di qualità ai ciechi e agli ipovedenti del Terzo Millennio.
* Gianluca Rapisarda,
Consigliere della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi.