Cappella Sansevero percorso per i sordi

NAPOLI. Monumenti senza barriere con le opere tradotte in segni. L’arte è muta e deve lasciare senza parole. Non va apprezzata, infatti, con la razionalità ma permettendo allo spirito di estasiarsi ed estraniarsi. Così si è pensato di accostare la magnificenza della Cappella Sansevero alla profondità di altre sensibilità, calate quotidianamente in questa capacità di essere avvolti dal silenzio. Parte, infatti, il progetto Sansevero in Lis, rigorosamente lingua e non linguaggio dei segni stando all’Ente Nazionale Sordi, la cui sezione provinciale di Napoli, insieme all’associazione Progetto Museo, ha dato vita ad un progetto che garantisce più cultura partecipata, in grado di arrivare a tutti. Perché la sordità non è un ostacolo né una negazione di capacità ma un modo di percepire la realtà con il proprio modo di essere. Per questo l’Ens ha bandito definizioni come non udente o diversamente udente a vantaggio della sordità sic et simpliciter, che porta all’attribuzione dell’appellativo sordo senza ammantarlo di un’accezione ingiuriosa o pregiudizievole. Dopo un lungo e approfondito periodo di formazione curato dall’associazione Progetto Museo, un gruppo di operatori sordi, associati Ens, è pronto, quindi, a dare l’opportunità di percorsi speciali per visitatori sordi in base ad un calendario dedicato. Martedì 18 settembre alle 11,30 all’interno di Cappella Sansevero si terrà una presentazione del progetto pilota e con Fabrizio Masucci, presidente del Museo Cappella Sansevero, interverranno Elvira Sepe, presidente della Sezione Provinciale di Napoli dell’Ente Nazionale Sordi e Francesca Amirante, presidente dell’Associazione Progetto Museo e Maria Alessandra Masucci, consigliere d’amministrazione del Museo Cappella Sansevero. Si terrà a seguire una visita dimostrativa gratuita in Lis ma aperta a tutti. Un’iniziativa privata quella di Cappella Sansevero che colma un vuoto lasciato dal settore pubblico e punta a garantire a ogni cittadino sordo la possibilità di accesso e fruizione del patrimonio storico-artistico conservato nel museo, offrendo un’esperienza in cui la Lingua dei Segni Italiana è quella direttamente utilizzata e non una mera traduzione della lingua parlata.

di Francesca Cicatelli

Fonte: Il Mattino del 13-09-2018